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Lorenzo Gemma, il talento dietro le vetrine di LuisaViaRoma

L’architetto Lorenzo Gemma si racconta attraverso le vetrine più iconiche del negozio di Via Roma.

Il concept store di via Roma deve la sua fama anche alle sue celebri vetrine. Quelle più note degli anni Novanta portano la firma di Lorenzo Gemma e sono veri e propri manifesti visual che hanno reso il negozio riconoscibile in tutto il mondo per il suo approccio visionario e non convenzionale.

Architetto e talento poliedrico, Gemma è protagonista di questo editoriale-intervista in cui ripercorriamo i momenti più significativi del suo percorso professionale e della sua esperienza come nostro collaboratore.

Laureato in Architettura a Firenze nel 1989, Gemma muove i primi passi in ambito didattico come assistente del Professor Gianni Pettena e del Professor Remo Buti – protagonisti della scena Radical – per poi completare il suo dottorato di ricerca al Politecnico di Milano. A seguito di queste esperienze accademiche, l’architettura, l’arredamento degli interni e il design continuano a essere al centro dei suoi studi e dei suoi progetti.

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Nel corso degli anni, Gemma progetta e riprogetta gran parte delle discoteche del capoluogo toscano – tra le più note, Yab e Meccanò – e disegna per note aziende come Bertocci, Pampaloni, UnoAerre, allestimenti per Roberto Cavalli, Trussardi e Lanificio Bartolini Sestilio.

Numerosi i concorsi vinti e le partecipazioni a mostre internazionali. I suoi lavori trovano spazio alla Biennale di Venezia, alla Triennale di Milano, nel Museo Castromediano di Lecce e nel Museo del 900 di Firenze e vengono pubblicati su numerose riviste specializzate e nei cataloghi delle mostre e dei concorsi a cui partecipa. Fin dagli esordi della sua carriera, l’architetto riceve numerosi riconoscimenti per il suo lavoro.

Negli anni ‘90 inizia a esplorare il settore della moda, occupandosi di importanti allestimenti per LuisaViaRoma a Firenze nel negozio storico a due passi dal Duomo e per Roberto Cavalli a Milano.
Di seguito, alcune delle sue realizzazioni più emblematiche e l’intervista all’architetto.

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A Firenze in quegli anni c’era un bellissimo fermento anche se poco strutturato, direi artigianale, legato a tanti personaggi e a tanti piccoli locali che stavano diventando luoghi in cui sperimentare, mettere in scena, provare idee innovative.

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Perché ha deciso di studiare architettura e design?

Per vocazione. Dopo la maturità comprendo l’inevitabile attrazione per cambiare o almeno provare a migliore il mondo, se non dal punto di vista politico e sociale, almeno dando un contributo all’estetica delle cose, convinto che “solo la bellezza salverà il mondo”.

Può dirci di più sulla scena creativa fiorentina degli anni ‘90?

A Firenze in quegli anni c’era un bellissimo fermento anche se poco strutturato, direi artigianale, legato a tanti personaggi e a tanti piccoli locali che stavano diventando luoghi in cui sperimentare, mettere in scena, provare idee innovative.

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Com’è nata la sua collaborazione con LVR?

Ho conosciuto Andrea Panconesi di Luisa Via Roma a Firenze nel 1990. Nayana, un’amica comune, insisteva perché andassi a presentarmi considerando il mio talento utile alle sorti del negozio (già allora noto per le sue vetrine).
All’appuntamento mi presentai con una camicia a fiori che avevo fatto cucire tirando giù una tenda dall’appartamento che abitavo allora. Mi ero appena laureato in architettura, ero sprovvisto di capi alla moda e quindi costretto all’originalità… ma ero consapevole dell’importanza del negozio e dell’occasione che mi si presentava.

Andrea mi liquidò molto velocemente, forse non aveva voglia di parlare, ma mi chiese di tornare con qualcosa da fargli vedere, qualche idea per allestire la vetrina del suo negozio, visto che quella era un’occasione di creatività e di possibile collaborazione. Tornai dopo due giorni con dei fogli schizzati a matita, una decina di idee. La prima, casualmente, raccontava di un piccolo albero di Natale e di pacchetti regalo poggiati a terra, in fila. Mi bloccò subito dicendomi che LVR era una boutique molto importante e che per ogni Natale l’allestimento della vetrina doveva essere ben più importante, legato al mondo del lusso e della moda: doveva emozionare.
Non aveva letto le due righe scritte sotto. Quel disegno era una proposta per la vetrina di ferragosto, non per Natale. Quando glielo spiegai rimase impressionato. Disse che non voleva vedere molto altro per non bruciarsi la sorpresa. Diventò amichevole, confidenziale. Mi salutò ringraziandomi, rinnovandomi attestati di stima e pregandomi di rimanere in contatto.

Mesi dopo ci ritrovammo una notte sulla pista del Maramao e mi rimproverò perché non ero più andato a trovarlo. Il giorno seguente, in tarda mattinata, in negozio in Via Roma, mi chiese quanto tempo mi serviva per organizzare ed allestire la mia prima vetrina. Mi dichiarai pronto. Così il mercoledì successivo, montai il mio primo allestimento, da me interamente progettato e realizzato.

Si trattava di un ambiente monocromo, blu con un solo manichino che indossava un abito da sera preziosissimo – dell’identico blu delle pareti – e una parrucca bionda acconciata in modo esagerato. Una poltrona di Edra completava la scena insieme a due porcellini salvadanaio realizzati in ceramica dorata, era la mia personale interpretazione di Eva nel giardino dell’Eden.

Andrea aspettò fino alle due di notte che il lavoro fosse quasi ultimato, mi chiamò sul marciapiede di fronte alla vetrina e si complimentò. Brindammo e mi chiese se, da quel momento, potevo impegnarmi a produrre un allestimento al mese.

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A cosa si è ispirato per le vetrine che ha realizzato per LVR?

Generalmente l’ispirazione è un mix strano tra qualcosa che cala dall’alto e qualcosa che hai dentro. Chiudere gli occhi per mettere a fuoco una visione interiore e poi mettere in moto le mani per costruire la migliore realizzazione possibile.

Ogni soggetto, ogni progetto è figlio di una domanda a cui sentiamo il bisogno di rispondere, un’occasione su cui riflettere. Può essere semplicemente l’esposizione di una collezione nel modo più adatto o, piuttosto, un fatto di cronaca a cui dare risalto, magari aggiungendo un pizzico di satira. O ancora, un fatto di costume da bloccare come un fermo immagine, una foto che possa invitare alla riflessione e ad allungare l’attenzione su qualcosa.

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Posizionare i manichini nello spazio allestito e fissarne le posizioni è stata spesso un’operazione di regia, di costruzione di una prossemica comportamentale, di comunicazione di un’emozione.

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In che modo traduceva le sue idee in progetti concreti?

Con le mani, assemblando e costruendo oggetti di scena, e con l’aiuto di collaboratori fidati: Claudio Barbetti (Domina) per il trucco e parrucco dei manichini, veniva informato del tema e del sapore che cercavo e ha sempre lavorato con grande entusiasmo e creatività nel rispondere agli stimoli che gli trasmettevo.
Al pari e di più, Archimede Spadaccino e Mario Soldato, allora studenti di architettura, mi hanno assistito in buona parte degli allestimenti realizzati. Più o meno ogni martedì o mercoledì sera si aspettava la chiusura del negozio per iniziare a smontare l’allestimento della vetrina precedente, riporre in negozio gli abiti esposti per poi iniziare col dare una mano di bianco alle pareti che cancellasse il precedente intervento e preparasse le superfici e lo spazio al nuovo progetto.

Generalmente il colore di fondo già scelto e acquistato insieme agli oggetti utili al nuovo allestimento. Nei tempi morti, mentre si asciugava la prima mano di colore, si vestivano i manichini e si costruivano gli accessori per completare il look (spessissimo anche le scarpe, semplici ballerine, venivano verniciate dello stesso identico colore delle pareti e/o del pavimento). Poi si iniziava a montare ogni cosa, davanti ai passanti, spettatori non paganti della performance, amici e curiosi che ci guardavano come in un acquario. Posizionare i manichini nello spazio allestito e fissarne le posizioni è stata spesso un’operazione di regia, di costruzione di una prossemica comportamentale, di comunicazione di un’emozione.

 

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“Sotto Vetro” Tela di Alessandro Bazan
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“Sotto Vetro” Tela di Sergio Fermariello

Può raccontarci qualche aneddoto legato alla realizzazione delle sue vetrine più memorabili di LuisaViaRoma?

Nelle Pag. 126 – 127 – 128 e 129 del Libro LuisaViaRoma “Window to a future Fashion World” sono pubblicate due vetrine che riguardano un progetto speciale: “Sotto Vetro”. In quegli anni dividevo casa con Francesca Sorace, amica e appassionata di arte contemporanea che aveva iniziato a collaborare con “Sergio Tossi Arte Contemporanea”, una nuova Galleria d’Arte di Prato. Spesso avevo usato il lavoro di amici pittori nell’allestire le vetrine, ma in quella occasione pensai di strutturare meglio la mia naturale attenzione per l’Arte Contemporanea. Chiesi a Francesca di coinvolgere Sergio Tossi che aderì all’idea con entusiasmo. Vennero selezionati cinque artisti, tutti giovani e promettenti, provenienti da tutta Italia.

Organizzai un ciclo di vetrine ed una Collettiva che invase tutti gli spazi del negozio. Ogni venerdì ne veniva inaugurata una dedicata a uno degli artisti della Collettiva montando un’opera in vetrina – quindi “Sotto Vetro” – rigorosamente senza manichini o altra merce. Si inaugurava ogni settimana con la presenza dell’Artista e un cocktail offerto dal negozio. Solo il giorno dopo montavo i manichini in relazione con l’Opera esposta.

Di “Sotto Vetro” conservo il Comunicato Stampa e la cartolina d’invito, realizzata utilizzando un dettaglio del mosaico in vetro e oro che decorava un pannello all’ingresso del negozio. “Sotto Vetro” andò avanti dal nove novembre al tredici dicembre del 1994. Cinque artisti, cinque inaugurazioni in cinque settimane.

Quegli artisti, in gran percentuale, hanno mantenuto la promessa e oggi sono quotati e riconosciuti a livello internazionale. Nei loro curricula quella esperienza resta citata e da quel momento in poi il negozio conquista l’attenzione del mondo dell’Arte Contemporanea.

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Per l’architetto toscano, la vetrina di LuisaViaRoma è “una finestra sul mondo e sulla città […] un’occasione di comunicazione più ampia e complessa, una forma di riflessione ed espressione lontana dalla frivolezza della moda.” Dal 1991 al 1996, Gemma progetta più di cento vetrine, occupandosi anche degli allestimenti all’interno del negozio e della presentazione delle collezioni disegnate per LVR – numerosi quelli da lui curati nei periodi natalizi.

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La vetrina di LuisaViaRoma è una finestra sul mondo e sulla città, un’occasione di comunicazione più ampia e complessa, una forma di riflessione ed espressione lontana dalla frivolezza della moda.

Grazie a Lorenzo Gemma

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